A C D E F G I L M N P R S T V

 

A

AD ROTELLAS, A RUOTA, con tale definizione si intende indicare quel genere di decorazioni in cui si rileva un'impostazione dei motivi entro cornici circolari, simili a ruote, che potevano essere affiancante, tangenti una all'altra, raccordate da elementi floreali o geometrici, in tal modo realizzavano una rete su una superficie ampia, oppure potevano essere disposte verticalmente o orizzontalmente per tessuti di forma stretta e lunga, come per esempio bordure. E' la decorazione più addebitata ai tessuti di origine sassanide.

AFFRESCO è la principale tecnica di pittura murale. Il muro può essere di mattoni o pietra, non misto, ciò per evitare che la stesura del colore sia poco omogenea. L'a. si ottiene quando si dipinge direttamente su muro tenendo conto di alcune operazioni fondamentali. La prima operazione è la preparazione del supporto: sul muro inumidito viene steso l'arriccio (sabbia a grana grossa e acqua), l'ultimo strato è l'intonaco su cui viene steso il colore - tonachino (sabbia fine, polvere di marmo e calce) che deve restare sempre umido per tutta l'esecuzione del lavoro, da cui la definizione di A. = a fresco. Si procede al disegno preparatorio che consente di avere una prova del risultato finale dell'affresco. A seconda dei periodi si distinguono due tipi di disegno preparatorio. Tra il secolo XIII e XIV il disegno preparatorio è definito con il termine sinopia (da Sinope, città sul Mar Nero da cui proveniva la terra rossa impiegata per tracciare il disegno).

Sinopia

 Lo stacco degli affreschi ha permesso talvolta di recuperare le sinopie verificando così che non sempre la stesura del colore definitivo ha rispettato la preparazione. Con il XV secolo questo tipo di disegno viene progressivamente sostituito dalla tecnica dello spolvero e del cartone, in relazione alle nuove esigenze dettate dalle rappresentazioni rinascimentali basate sui canoni della prospettiva e richiedenti una più accurata progettazione. Queste due tecniche permettono di apportare modifiche e correzioni, al contrario della sinopia che scompare sotto il tonachino. Per lo spolvero si usa una carta della stessa grandezza della parete da affrescare. Con delle punte metalliche viene forato tutto il disegno. Preparato il tonachino si applica la carta all'intonaco e si passa un sacchetto di polvere fine di carbone in modo che attraversi i fori segnando le linee della composizione sull'intonaco, ripassate poi a pennello. Il cartone si differenzia dallo spolvero perché la traccia della composizione viene impressa sull'intonaco fresco a calco con una punta. Il cartone permette anche di studiare i colori, i contrasti chiaroscurali da realizzare in seguito. La necessità di lavorare sull'intonaco umido determina per il pittore il lavoro suddiviso a giornate, pertanto da queste preparazioni sono interessate solo parti del muro destinate ad essere concluse anche dalla stesura del colore in tale arco di tempo. I colori utilizzabili per l'a. sono preferibilmente di origine minerale, ocre naturali e bruciate, terre, che vengono a lungo macinati, mescolati con acqua.

AFFRESCHI DELLA CAPPELLA DI S. NICOLO'

Autore VITALE da BOLOGNA (1330-1361)

Intervento: Pietro Tranchina

Soprintendente al restauro: Domenico A. Valentino

Direttore dei lavori: Massimo Bonelli

Il restauro è stato eseguito con il finanziamento erogato dalle "Officine Danieli" di Buttrio nel periodo 1987-1989.

L'intervento di restauro ha previsto il recupero conservativo ed estetico delle superfici dipinte. Era necessario fornire soluzioni omogenee per le superfici con medesime caratteristiche (ad esempio le parti murarie ricostruite), rendendole compatibili con quelle originarie, pur permettendone l'identificazione.

I problemi maggiori erano rappresentati dai notevoli distacchi degli strati di intonaco dal supporto murario e dalla presenza di carbonatazioni sulla superficie affrescata : tuttavia le parti più danneggiate in assoluto erano quelle già staccate a suo tempo. L'intervento di restauro ha seguito due direttrici principali: Il trattamento delle superfici dipinte e il trattamento superficiale delle parti ricostruite nel 1960-61.

La riadesione delle superfici staccate è stata ottenuta con l'impiego di emulsione acrilica (Primal AC33), mentre per i distacchi più profondi e di maggiore ampiezza sono state effettuate iniezioni di malta per fissaggio Ledan

La pulitura è stata preceduta dall'eliminazione dei rifacimenti realizzati nel corso del precedente restauro ( a cura di G. Marchetot negli ani '60, intervenuto in modo pesante sulla stesura pittorica del '300 di alcune parti) con l'impiego di Vinavil, impiegando una miscela di Acetone e H2O. L'eliminazione dei veli carbonatiè stata eseguita con Preparato AB 57, asportando poi le sostanze solubilizzate con impacchi di acqua distillata. Le vecchie stuccature anni '60 e i residui di scialbo sono stati asportati con l'utilizzo di apparecchiature air-brasive, impiegando microsfere di vetro e con microscalpelli.

Per le parti da integrare sono state prima stuccate con polvere di marmo, carbonato di calcio e Primal AC33, le superfici a rinetro sono state realizzate con sabbie silicie di vario colore e granulometria e polvere di marmo, legante: emulsione acrilica.

Dalle superfici murarie, ripristinate nel 1960-'61, è stato eliminato lo strato superficiale e realizzato un sottofondo a malta grezza, sono state completate poi con una stesura di malta fine con sabbia e grassello di calce, stesa a dorso di cazzuola.

Dalla relazione di Pietro Tranchina depositata presso la Soprintendenza ai beni artistici e storici del Friuli Venezia Giulia.

AFFRESCHI DEL PERIODO DI PAGANO DELLA TORRE nel 1330 Pagano della Torre fa eseguire gli affreschi della zona basamentale (strappati nel 1961, fissati nel 1963 sulla parete nuova di sinistra), altri sulla parete di fondo, mentre altri santi della stessa teoria sono andati perduti con l'apertura della porta che conduce al coro, attuale acceso del museo. Alla scoperta delle Storie di S. Nicolò di Vitale nel 1911, risultarono gli affreschi del periodo di Pagano della Torre. Quelli di Vitale vennero momentaneamente staccati, i sottostanti collocati sulla parete sinistra divisoria delle cappelle, come attualmente si vede.

In seguito al terremoto del 1348 tali decorazioni andarono distrutte, la Confraternita dei fabbri commissionò la realizzazione di altri affreschi a Vitale da Bologna che stava lavorando nella cappella maggiore su incarico del beato Bertrando.

ALBERO DELLA VITA, l'a. è sia nella cultura orientale che occidentale un motivo iconograficamente molto rappresentato e con riferimenti simbolici diversi. In ambito mediorientale era associato al culto della Madre-Terra, e i riti connessi dovevano favorire l'abbondanza dei raccolti

Nel medioevo la Chiesa riconosceva nella croce di Cristo l'a.della vita, poiché con il legno dell'albero della conoscenza del paradiso si è costituita la croce di Cristo che per il fedele è diventata l'a.della vita.

L'a. inaridito o i tronchi interrotti che però presentano segni di inverdimento sono simbolo della Resurrezione.

ALBERO DELLA VITE per la cultura cristiana è simbolo di Cristo e della fede cristiana, poiché secondo il passo di Giovanni nelle Sacre Scritture, Gesù avrebbe detto "Io sono la vera vite". L'uva nell'arte sacra è simbolo del vino eucaristico e quindi del sangue di Cristo.

AMITTO secondo la documentazione liturgica antica veniva chiamato "angolaium", "angolagium" derivato dal greco, e significante mantelletto. Il termine "amictus" si trova per la prima volta agli inizi del secolo IX. Fa parte della biancheria del sacerdote, destinato a essere indossato dal celebrante per coprire la zona del collo e delle spalle, in modo da proteggere i parati più importanti dal contatto diretto con il corpo, inoltre nella stagione invernale riparava dal freddo il celebrante. E' costituito da tela di lino o di cotone, di forma rettangolare, con due cordelle su due angoli, usate per il doppio allacciamento intorno al torace, mantenendo più aderenti le vesti di sotto rendeva più agili i movimenti delle braccia. L'unica decorazione attualmente è rappresentata da un crocetta disposta sulla metà del lato più lungo che viene baciata prima della vestizione. Amitti con decorazioni di altre stoffe applicate, sono stati rintracciati in riferimento ai secoli XIII e XIV. Nel corso dei secoli sono stati assegnati diversi significati e simboli connessi con il colore bianco, al modo in cui cinge il collo e viene disposto sulla nuca.

ANELLO nel periodo gotico l'anello è un gioiello che acquista sempre più larga diffusione, la varietà e il valore degli anelli si riafferma in tale periodo, torna a essere un oggetto di lusso portati sia da uomini che da donne.

AQUILA è il re degli uccelli, come il leone è il re degli animali, vola verso il sole, resistendo alla luce celeste, uccide i serpenti, può giungere da posti altissimi, fin dall'antichità è simbolo della luce. Nelle decorazioni di tutti i tipi di manufatti è tra i motivi più rappresentati, è simbolo del potere e della vittoria pertanto figura nell'araldica, è presente in stendardi di molte nazioni. Nel medioevo alludeva all'ascensione di Cristo. Il simbolo dell'aquila va considerato in rapporto con l'immagine tetramorfica: i quattro animali delle visioni di Ezechiele e di San Giovanni Battista che può pertanto rappresentare.

L'unione di parti dell'aquila e del leone dava luogo all'immagine del grifone.

ARGENTO

- Filato: si ottiene avvolgendo la lamina di argento su anima di seta, lino, o canapa.

- Membranaceo: o argimpello, si otteneva tagliando a striscioline molto strette la pelle di budella di animale dopo l'argentatura, generalmente fatta da una lamina sottilissima ottenuta da un procedimento di battitura, coloro che eseguivano tale operazione erano detti "Battiloro".

Tra il XIII e il XIV secolo veniva avvolto a spirale su un'anima di seta, di lino o di canapa.

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C

CALZARI derivano da una calzatura civile, distintiva di una classe in uso a Roma, in seguito propriamente dei senatori romani. Si distinguono comunque dai sandali che coprivano solo il piede ed esternamente al calzare. I c. venivano indossati dal piede fino al ginocchio, erano impiegati solo nelle messe pontificali e assoggettati al canone dei colori. L'uso spettava al Papa, ai Vescovi, ai diaconi.

Simbolicamente rappresentano la disponibilità del Vescovo a recarsi in ogni luogo per annunziare il Vangelo, come fu per gli Apostoli.

CAMICE, è l'indumento di lino bianco , lungo fino ai piedi, con maniche semiaderenti, che i sacerdoti usano stringendolo ai fianchi con il cingolo, su di esso viene indossato il paramento prescritto per la cerimonia religiosa. Come tutti gli indumenti liturgici anche il c. trae origine dall'abbigliamento profano, in particolare da camisia quale indumento in uso nel III secolo dell'impero. Relativamente alla materia con cui veniva realizzato, il lino, è stato chiamato linea, in coincidenza con la foggia a tunica, tunica linea, e per la lunghezza talaris. Il c. medievale subisce mutamenti evidenti nell'ornamentazione, diversamente da quelli dei periodi precedenti che interessavano la foggia. Sono testimoniate diversi tipi di guarnizioni (galloni, riquadri di tessuti, ricami sia in seta che metalli preziosi…) comunque staccabili in modo da permettere il lavaggio del c. Nel secolo XVII si è andato affermando l'uso dei pizzi impiegati intorno a tutto l'orlo, in relazione al largo impiego di questo genere di manufatti nella moda in generale. Simbolicamente il c. per i liturgisti significa purezza, intesa come purezza dal peccato, e più ancora castità, a ciò si collega il materiale e il colore.

CARDO in ambito occidentale cristiano il cardo simboleggia la passione di Cristo e dei Martiri, infatti le immagini dei Martiri si trovano spesso incorniciate da tralci di cardi. Il cardo mariano pezzato di bianco significava il latte materno di Maria, inteso perciò come un medicinale.

Quando il cardo viene tagliato non perde la sua forma, per questo nella cultura cinese simboleggia la tenacità, la lunga vita.

CARLO IV di LUSSEMBURGO era il fratellastro di Nicolò di Lussemburgo, patriarca successore del beato Bertrando, dal 1350 al 1358. L'imperatore era molto noto in Friuli già al tempo del beato Bertrando al quale nel 1347 riconobbe la Signoria del Cadore. Nicolò durante il suo governo promosse gli interessi di Carlo IV e quindi in qualche modo tutelò anche i duchi d'Austria. Il Sigillo della tomba di Nicolò è conservato nella Cappella del Corporis Christi .

CERVO nelle culture antiche le sue corna vengono interpretate come simbolo dei raggi del Sole. Nel medioevo cristiano il cervo o i cervi affrontati, sono rappresentati che piluccano dell'uva o davanti un albero della vite, come simbolo dell'uomo che già sulla terra può partecipare ai beni divini.

Il cervo davanti a sorgenti d'acqua, fonti ecc. ha altri significati.

CLAVI dal latino clavus, striscia; banda ornamentale verticale realizzata a telaio con decoro geometrico e vegetale, nelle vesti medievali risulta cucita sopra il tessuto.

C. SOMEDA de MARCO, Il duomo di Udine, 1970, p. 117 nota 9, riferendosi agli Annales Civitates Utini della Biblioteca Civica di Udine.

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D

DALMATICA e TUNICELLA attualmente sono le vesti impiegate rispettivamente dal diacono e dal suddiacono e indossate sopra altri indumenti durante le messe solenni e nelle processioni e sono costituite dello stesso tessuto della pianeta o del piviale dell'officiante. Con il cerimoniale romano si distinguevano nel tipo di maniche: più strette e lunghe nella T., in entrambe le vesti erano lunghe fino al polso, dal XVI secolo accorciate all'omero. Altre caratteristiche sono la forma trapezoidale nel tronco, con apertura laterale, e lo scollo leggermente ovale con bottoni e nastri. Gli ornamenti sono inoltre rappresentati per la D. in guarnizioni intorno all'orlo delle maniche e i galloni, o ricami che si richiamano ai galloni, detti clavi disposti in verticale sulla parte anteriore e posteriore, che possono creare un'area quadrangolare nella zona centrale anteriore, oppure fungere da perimetro a un pannello decorativo di altro tessuto.

L'origine di questo indumento è profana, si ritiene venisse usato a Roma al tempo degli Antonini, nel II secolo, sia dagli uomini che dalle donne, ed era lunga fino ai piedi con maniche lunghe e larghe al polso. Il suo nome deriva dal latino dalmaticus, cioè della Dalmazia, luogo in cui era usata una tunica similare, introdotta dai Bizantini. Nel corso della storia si sono distinti fogge, tessuti e ornamenti sia della D che della T. , va ricordato che la D fu di colore bianco fino al volgere del primo millennio, successivamente divennero anche di colore, con il formarsi del canone dei colori nel XII secolo si sono diffuse più ampiamente.

DIAGONALE dal latino diagonalis, greco diagonios-diagonale ad angolo, armatura derivata dal tela, che può definire da sé un disegno a zig-zag, spina di pesce, piccoli rombi.

DIASPRO dal latino medievale diasprum, deriva dal greco diàspros bianchissimo, inteso come rafforzativo data la monocromia tra disegno e fondo, ma poteva indicare anche il tipo di decoro rappresentato da animali e uccelli disposti su teorie. Come genere di stoffa è attestata soprattutto con il XIII secolo, con il XVI secolo non è più documentato. Può dirsi dunque un tessuto medievale, i cui esemplari più rinomati erano quelli lucchesi.

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E

ELISABETTA d'UNGHERIA, SANTA, nata nel 1207, figlia di Andrea II re di Ungheria e poi moglie di Ludovico di Turingia, a cui era stata promessa sposa già all'età di quattro anni, ne restò vedova e con tre figli, a cui si dedicò abbracciato il terzo ordine francescano, consacrandosi al servizio dei poveri, concluse la sua vita a Marburg nel 1231 a soli ventiquattro anni.

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F

FANONI o fasciae, vittae, penduli, infulae, sono le due striscie di tessuto che partono dalla base circolare della mitra (parte posteriore), sono ornati da frange all'estremità pendente. Non sempre venivano prescritti.

FERMAGLIO nella prima metà del secolo XIV è uno degli ornamenti preziosi più importanti. Può essere usato a scopo decorativo oppure semplicemente funzionale.

FIOR di LOTO Questo fiore diffuso nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell'Asia ha lo stesso significato che la rosa e il giglio hanno in area Europea. A seconda delle aree assume diverse simbologie. I suoi aspetti principali derivano dalla sua particolarità di distendersi sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da esse non ne viene macchiato perciò gli viene attribuito il simbolo di purezza. Il loto tradizionale ha otto petali, è come lo spazio che ha otto direzioni, viene inteso come simbolo dell'armonia cosmica.

Il frammento (111 x 32) di tela di lino bianco è di forma irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta una decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe, paralleli realizzati nei punti catenella, un punto che non figura nel lenzuolo, motivi delimitati da un doppio motivo a croci greche, come quello rilevato nel lenzuolo.

Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro similare. Per la datazione del frammento si è fatto riferimento proprio a queste ultime caratteristiche.

Va tenuto conto che i sarcofaghi erano ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di un altro "lenzuolo", con dimensioni notevoli, in seguito rovinato. Restauro Stato di conservazione: è un frammento, completo di orlo solo su uno dei lati corti, gli altri sono sfrangiati, una piccola sezione è quasi staccata da una lacerazione, ci sono piccole lacune, il tessuto è sporco e macchiato. Trattamento: pulitura e consolidamento sono stati condotti in modo analogo al telo funebre.

Il frammento di tela di lino bianco è di forma irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta una decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe, paralleli realizzati nei punti catenella, delimitati da un doppio motivo a croci greche, come quello rilevato nel lenzuolo (v.).

Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro similare. Per la datazione del frammento siè fatto riferimento proprio a queste ultime caratteristiche.

Va tenuto conto che i sarcofaghi erano ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di un altro "lenzuolo", con dimensioni notevoli, in seguito rovinato.

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G

GRIFO, GRIFONE nell'iconografia può essere di due varietà: l'uccello-grifone in cui è mescolato il corpo leonino e la testa da uccello, con o senza ali, zampe anteriori di rapace e quelle posteriore di leone; oppure il grifone-leone che ha il corpo leonino, con o senza ali, le zampe anteriori di leone e le posteriori di uccello, la testa di leone e la coda di uccello.

E' stato adottato in tutti gli universi mitologici rappresentando il tramite tra il mondo terreno e l'ultraterreno, pere la simbologia cristiana nel g. si vedono pertanto le due nature di Cristo quella divina e quella umana. Quando sono affrontati a un albero, a un'anfora, a una fonte, a una pigna, (tutti simboli della vita), vanno interpretati come guardiani, perché dotati dei sensi acuti dell'aquila e della forza del leone.

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I

ICONOGRAFIA CUSCINO Riscontrato che nelle due parti del cuscino la figura del volatile si differenzia nelle caratteristiche e in certi motivi, è possibile interpretare diversamente l'iconografia.

Invece del pavone, potrebbe trattarsi della fenice, in considerazione alla diversa resa del soggetto, presenta inoltre elementi che lo giustificherebbero.

La fenice, simbolo della luce e dell'immortalità, era nel Medioevo abitualmente connessa alla crocifissione e figurava come attributo della personificazione della castità.

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L

LAMPASSO dal francese lampasse termine in uso tra '700-'880 che indicava tessuti operati per tappezzeria. E' propriamente un tessuto operato diffuso dal X secolo, costituito da almeno due orditi, uno di fondo che con la trama di fondo crea l'armatura di fondo (tela, diagonale…) e uno di legatura necessario a fermare le trame supplementari lanciate impiegate per la realizzazione del disegno, insieme anche a altre trame supplementari (broccate, spolinate).

LUCCA città toscana a cui in quel periodo stando alle testimonianze vengono assegnate proprio la produzione dei diaspri con gli elementi decorativi presenti in quello del duomo di Udine: teste degli animali, rotelle sulle ali, zampe… rilevati in oro o argento sul fondo bianco.

LUDOVICO DI BAVIERA Si può dire che con la sua azione il Bertrando abbia evitato due volte la calata di Ludovico in Italia. Si può per tanto concludere che anche l'Italia sia debitrice al beato poiché è stata salvata da una possibile "calamitosa incursione".

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M

MANIPOLO è una delle "insegne liturgiche", ora non più usate dal sacerdote durante le celebrazioni. Consiste in una striscia di stoffa con le parti terminali di forma trapezoidale, che viene fissata sull'avambraccio sinistro, generalmente per mezzo di fettucce, è prescritto che sia della stessa stoffa della pianeta o almeno del colore di questa. Sono previste rifiniture con frange, campanelli. L'origine del m. è romana, derivato dalla mappula, una specie di fazzoletto di tessuto leggero, la cui funzione era eminentemente decorativa.

Molte le interpretazioni simboliche che si sono succedute nel corso dei secoli, prevalentemente legate ai significati di purezza, di virtù e dell'impegno di fedeltà a Dio preso dal sacerdote.

MASOLINA il nome deriva da Biagio Masolini, dottore di Udine, vedovo, fratello di Giovanni, sacerdote morto circa nel 1728, si era fatto anch'egli sacerdote divenendo canonico nel 1731. Aveva avuto la concessione di costruire la cappella e di collocarvi anche la sua tomba nel 1729, realizzandovi l'altare nel 1730, collocato sulla parete destra della cappella di S. Nicolò, perché fosse usato dai sacerdoti infermi e convalescenti, così che potessero celebrare in ritiro. Nel 1953 l'altare, in marmo, opera di Antonio Gratij, fu venduto alla chiesa di Tribil di Sopra. Prima della vendita ospitava la pala di Giovanni Battista Tiepolo raffigurante la Crocifissione e Santi, attualmente conservata nel coro jemale del duomo.

MELAGRANA è il frutto che in molte culture ha il significato di eternità e resurrezione. I semi racchiusi in una polpa succosa alludevano alla fecondità, mentre l'intero frutto era simbolo di dee fenicie e greche. In epoca cristiana la sua simbologia venne spiritualizzata. Il rosso succo della melagrana era simbolo del sangue dei martiri, i semi simbolo degli uomini riuniti nella comunità ecclesiale. Quando la m. è aperta simboleggia la carità cristiana.

MITRA copricapo che di diritto compete solo al Papa, ai Cardinali e ai Vescovi.

La mitra semplice si adoperava al Venerdì Santo, nell'uffizio dei defunti, nella Messe solenne de Requie, nell' assoluzione al catafalco.

Poiché copre il capo viene interpretata simbolicamente come custode dei sensi, e inoltre perché anticamente di lino bianco era anche simbolo di purezza.

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N

NICOLO' DI LUSSEMBURGO, quale successore del Bertrando, si può considerare il suo vendicatore dopo la sanguinosa morte di questi. Nel 1351 dopo aver ritessuto i rapporti con molti dei feudatari locali, intraprende un'opera di repressione nei confronti degli uccisori del Bertrando, catturandone gli artefici e giustiziandoli. Nel 1353, terzo anniversario della morte del Bertrando, fece eseguire la traslazione della salma del Beato nell'arca marmorea che lo stesso predecessore aveva voluto per deporvi le reliquie dei SS, Ermacora e Fortunato. Governò il patriarcato no senza difficoltà e fu inflessibile ed energico, ai suoi successori lasciò comunque in eredità una politica estera piuttosto compromessa. Il Sigillo della tomba di Nicolò è conservato nella Cappella del Corpo di Cristo.

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P

PAPA BENEDETTO XIV (1740-58) e PAPA CLEMENTE XIII

Va ricordato che entrambi i pontefici prendono tale decisione in pieno clima di difesa dei diritti tradizionali della Chiesa, quando tutta l'Europa è interessata dalle riforme illuministiche.

 

PAPAGALLO nel bestiario medievale il p. viene raffigurato nelle immagini del paradiso come un animale tranquillo ma allo stesso tempo ribelle, ossia con una personalità determinata. Ciò in relazione alla leggenda che essendo un uccello parlante avesse imparato a dire il nome di Eva, che all'incontrario è Ave, ovvero il saluto rivolto dall'arcangelo Gabriele nell'Annunciazione alla Vergine Maria, che pertanto capovolta è l'immagine pura di quella peccatrice di Eva. Il p. rappresenta così simbolicamente il lato positivo della salvazione del mondo e quello negativo del peccato originale.

PATRIARCA I patriarchi aquileiesi rivestono un ruolo che richiede requisiti di vario genere per gestire e guidare lo stato e la Chiesa locale (diocesi molto vasta). Viene richiesta nobiltà della nascita, educazione alla reggenza, ricchezza e conoscenze personali necessari per governare uno stato feudale garantendo il proprio prestigio sociale. Altre qualità di cui deve essere dotato il p. sono quelle militari e diplomatiche utili per il governo temporale, inoltre una cultura giuridica necessaria per il governo spirituale. In Bertrando si rintracciano tutte queste doti e quindi va ritenuto che la sua elezione a patriarca è consona più di altre, precedenti e successive, alle richieste dettate dalla situazione aquileiese.

PAVONE, è un uccello originario dell'India, se ne apprezza la singolare bellezza in molte culture sia orientali che occidentali. Gli antichi ritenevano che la sua carne fosse incorruttibile, perciò per l'arte sacra era considerato simbolo di immortalità e della Resurrezione di Cristo.

Due pavoni che si abbeverano a un calice alludono alla rinascita spirituale.

Talora il pavone viene associato all'attributo di superbia, quale interpretazione negativa, poiché prova piacere a guardarsi e a esibire le piume variopinte.

PIANETA si tratta di uno scapolare a due lembi aperto lateralmente. La sua origine trova riscontro nell'abbigliamento civile romano e precisamente nella paenula, successivamente impiegata come veste liturgica. Nel corso dei secoli ha subito diversi mutamenti nella foggia, con il XV secolo acquista gradualmente l'attuale forma. Lo stesso può dirsi degli ornamenti, che prima consistevano in una fascia verticale posteriore decorata con ricami (crux bifida o trifida) che si divideva dallo scollo proseguendo sulla parte anteriore. Nel XIII secolo si afferma la croce con i bracci orizzontali, che diviene più comune con il secolo XV. L'ornamentazione prevalente in Italia dal XVII secolo sono i galloni che disposti in verticale e orizzontale (parte anteriore), richiamano i perimetri della croce.

PROVENIENZA CINESE La prima indagine storico critica dei tessuti: D.DAVANZO POLI, Tessuti antichi, in G.MORANDINI-D:ZANELLA, Tessuti e tessitura, Udine, 1986, p. 39.

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R

RICAMATORI Tra medioevo e rinascimento i ricami più pregiati sono opere di ricamatori professionisti, che operavano all'interno di una bottega che si può considerare una vera e propria fucina artistica, con apprendisti e lavoranti, e in cui l'arte del ricamo veniva trasmessa da padre in figlio. La particolare bellezza dei ricami era legata al modello di ricamo che spesso, in base anche alle testimonianze pervenute (documenti, cartoni, disegni e schizzi autentici), erano opera di pittori anche famosi. In base al modello i r. eseguivano il ricamo in stretta collaborazione con gli artisti. I committenti di queste preziose opere erano parroci, vescovi, il papato, i nobili, i ricchi borghesi, o le corporazioni di arti e mestieri che vedevano nel ricamo ecclesiastico la dimostrazione della loro devozione alla Chiesa in particolari occasioni.

Riferimenti bibliografici essenziali

M. SCHUETTE - M.MULLER- CHRISTENSEN, Il ricamo nella storia e nell'arte, Roma, 1963

D.DAVANZO POLI-C.PAGGI COLUSSI, Pizzi e ricami, "I nuovi quaderni dell'antiquariato", Milano, 1981

RICAMO in APPLICAZIONE è un ricamo realizzato con parti di tessuto ritagliate, poi applicate coprendo un disegno eseguito prima, con punti raso, pieno, i bordi possono essere rifiniti con cordoncino dorato o d'argento fissato con punto steso. Danno luogo a disegni anche di grande dimensione, al di sotto possono essere imbottiti per ottenere rilievo, creando similitudini per esempio con i coevi lavori in or nué, in maniera più economica sia sotto l'aspetto materico che per il tempo di esecuzione.

E' una tipologia utilizzata già con il Medioevo, diffusa in Italia con il XVI secolo, si afferma più largamente con il secolo XVII, di cui rimangono molti esemplari.

ROSA A OTTO PETALI, otto significa vita futura. Il valore simbolico della rosa è antichissimo. Per la simbologia cristiana la rosa rossa era simbolo del sangue versato da Gesù crocifisso. Iconograficamente, in ambito ecclesiastico, la rosa essendo la regina dei fiori, divenne il simbolo di Maria Vergine.

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S

SCIAMITO Dal latino medioevale sciammitum, examitum, samita' (tessuto di seta), a sua volta dal tardo greco 'hexamitos' (héx= sei, mitos = filo, tessuto a sei fili), lo sciàmito si incontra in documenti veneziani come sàmis. Tecnicamente è composto da due orditi, uno di fondo e uno di legatura e di un minimo di due trame, che vengono legate in diagonale.

L'area mediorientale è quella più accreditata dalla critica come origine di questa tipologia.

STATUTO DELL'ARTE DEI SAMITERI Nello Statuto dell'Arte dei Samiteri il "Capitulare Samiteriorum", conservato nell'Archivio di Stato di Venezia, Sala Margherita, che è un manoscritto frutto di riforma di un testo più antico, vengono tramandati i provvedimenti relativi all'Arte sia per la vita corporativa che per le tecniche e le tipologie dei tessuti. Tra queste si ricorda, quale esempio, che veniva fissato il numero complessivo dei fili d'ordito, l'altezza pertanto della stoffa, eventuale riferimento bibliografico D.DAVANZO POLI - S. MORONATO, Le stoffe dei veneziani, Venezia, Albrizzi Editori, 1994.

Si rimanda inoltre a D. DEVOTI, L'arte del tessuto in Europa, Milano, 1974, 1993 (II ed); P. PERI, Due tessuti a confronto:…in L DOLCINI a cura di, La casula di San Marco papa, Firenze, 1992, pp.73-85; A. VITALI, La moda a Venezia attraverso i secoli, Venezia, 1992.

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T

TAFFETAS, TELA è la più semplice delle armature (sistema di intreccio dei fili d'ordito con quelli di trama), da essa derivano tutte le altre, per realizzarla si sollevano tutti i fili di ordito dispari al passaggio delle trame dispari, e tutti quelli pari al passaggio delle trame pari. Si definisce come taffetas quando viene realizzato con seta, se si impiegano lana, lino o cotone assume il nome di tela.

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V

VELLUTO Velluto dal latino "vellus"=vello, si attesta l'uso della parola dagli inizi del XIV secolo e si può considerare come l'unico tessuto di origine occidentale fra quelli antichi. Con V. si intende un tessuto che può essere di seta o di altra fibra, caratterizzato da una superficie pelosa, ottenuta dai ciuffi delle fibre tagliate, che può essere di più altezze e fittezza. Da ciò prendono avvio più tipologie di velluti. Il v. tagliato unito è composto da un ordito di fondo che con le trame di fondo forma l'armatura di fondo, da un ordito di pelo che realizza la superficie a ciuffi, prodotti dal taglio dei fili di pelo, questi vengono tagliati dopo il passaggio del ferro con scanalatura. Ogni riga di ciuffi è intervallata dal passaggio delle trame di fondo con l'ordito di fondo. V. alto basso, controtagliato, è prodotto come il v. tagliato unito, solo che vi è l'inserzione di ferri di diversa altezza e tipo, che creano differenti altezze e zone in un unico tessuto. V. broccato quando il v. presenta parti ricoperte da trame broccate, solitamente d'oro o d'argento. La lavorazione è molto elaborata, poiché l'inserimento di tali trame avviene al rovescio, mentre il v. è realizzato al diritto.

VELO DA CALICE è un panno di forma quadrata con lato non superiore ai 68 cm, con cui si coprono calice e patena fino all'offertorio, in seguito per la comunione. In ambito medievale era una specie di velo. I v. impiegati dal XVI secolo dovevano essere di tessuto consistente e con decorazioni, rifiniti da merletti o galloni dorati lungo i lati, e con al centro una croce ricamata o applicata.

VENZONE Nei progetti di B. la conquista di Venzone nel 1336 permette un controllo sulla via di transito delle merci con l'Austria. Per anni Venzone assoggetandosi ai goriziani e dunque all'Austria e ai duchi di Carinzia, si ribellava ad Aquileia che rischiava di perderla. B. coi suoi disegni privilegia Venzione per il passaggio delle merci, e per le compravendite delle stesse con Gemona, acconsente che venga fatto un mercato settimanale. La città accetta conservando le mura e le fortificazioni. Il patriarca evita per tutto il suo governo che i duchi d'Austria abbiano potere nella Chiusa e a Venzone, e sono assoggettati con tutti i loro sudditi al pagamento della muta per molto tempo. Gli avvenimenti in questa circostanza sono l'assedio di Venzone da parte del Patriarca con il suo esercito, che intima la resa. I venzonesi chiedono nel frattempo aiuto alla contessa di Gorizia entro un mese, Bertrando attende accettando il patto, ma il 27 i Venzonesi capitolano e i Goriziani sono fatti prigionieri con loro. Venzone apre le porte al patriarca, conserva quanto pattuito. Bertrando consacra il duomo di Venzone il 2 agosto 1338 con Pietro arcivescovo di Nazareth e altri otto vescovi, tutt'oggi la città propone la rievocazione di tale avvenimento in quella data.

 

1348 Il terremoto del 1348 che colpisce la città di Udine e molte zone del Friuli, Venezia e la Carinzia sconvolge il Patriarcato per i numerosi morti e le distruzioni, nello stesso anno sopraggiunge anche la terribile pestilenza che sta sconvolgendo il resto d'Europa.

Questo stato di cose non interrompe il corso degli avvenimenti che vede sempre in lotta il Patriarca con i conti di Gorizia.

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