A C D E F
G I L M
N P R S
T V
A
AD
ROTELLAS, A RUOTA, con tale
definizione si intende indicare quel genere di decorazioni in cui
si rileva un'impostazione dei motivi entro cornici circolari,
simili a ruote, che potevano essere affiancante, tangenti una
all'altra, raccordate da elementi floreali o geometrici, in tal
modo realizzavano una rete su una superficie ampia, oppure
potevano essere disposte verticalmente o orizzontalmente per
tessuti di forma stretta e lunga, come per esempio bordure. E' la
decorazione più addebitata ai tessuti di origine sassanide.
AFFRESCO è la principale
tecnica di pittura murale. Il muro può essere di mattoni o
pietra, non misto, ciò per evitare che la stesura del colore sia
poco omogenea. L'a. si ottiene quando si dipinge direttamente su
muro tenendo conto di alcune operazioni fondamentali. La prima
operazione è la preparazione del supporto: sul muro inumidito
viene steso l'arriccio (sabbia a grana grossa e acqua),
l'ultimo strato è l'intonaco su cui viene steso il colore - tonachino
(sabbia fine, polvere di marmo e calce) che deve restare
sempre umido per tutta l'esecuzione del lavoro, da cui la
definizione di A. = a fresco.
Si procede al disegno
preparatorio che consente di avere una prova del risultato finale
dell'affresco. A seconda dei periodi si distinguono due tipi di
disegno preparatorio. Tra il secolo XIII e XIV il disegno
preparatorio è definito con il termine sinopia (da Sinope, città
sul Mar Nero da cui proveniva la terra rossa impiegata per
tracciare il disegno).
Sinopia
Lo
stacco degli affreschi ha permesso talvolta di recuperare le
sinopie verificando così che non sempre la stesura del colore
definitivo ha rispettato la preparazione. Con il XV secolo questo
tipo di disegno viene progressivamente sostituito dalla tecnica
dello spolvero e del cartone, in relazione alle
nuove esigenze dettate dalle rappresentazioni rinascimentali
basate sui canoni della prospettiva e richiedenti una più
accurata progettazione. Queste due tecniche permettono di
apportare modifiche e correzioni, al contrario della sinopia che
scompare sotto il tonachino. Per lo spolvero si usa una carta
della stessa grandezza della parete da affrescare. Con delle punte
metalliche viene forato tutto il disegno. Preparato il tonachino
si applica la carta all'intonaco e si passa un sacchetto di
polvere fine di carbone in modo che attraversi i fori segnando le
linee della composizione sull'intonaco, ripassate poi a pennello.
Il cartone si differenzia dallo spolvero perché la traccia della
composizione viene impressa sull'intonaco fresco a calco con una
punta. Il cartone permette anche di studiare i colori, i contrasti
chiaroscurali da realizzare in seguito. La necessità di lavorare
sull'intonaco umido determina per il pittore il lavoro
suddiviso a giornate, pertanto da queste preparazioni sono
interessate solo parti del muro destinate ad essere concluse anche
dalla stesura del colore in tale arco di tempo. I colori
utilizzabili per l'a. sono preferibilmente di origine minerale,
ocre naturali e bruciate, terre, che vengono a lungo macinati,
mescolati con acqua.
AFFRESCHI DELLA CAPPELLA DI S. NICOLO'
Autore VITALE da BOLOGNA (1330-1361)
Intervento: Pietro Tranchina
Soprintendente al restauro: Domenico A.
Valentino
Direttore dei lavori: Massimo Bonelli
Il restauro è stato eseguito con il
finanziamento erogato dalle "Officine Danieli" di
Buttrio nel periodo 1987-1989.
L'intervento di restauro ha previsto il
recupero conservativo ed estetico delle superfici dipinte. Era
necessario fornire soluzioni omogenee per le superfici con
medesime caratteristiche (ad esempio le parti murarie
ricostruite), rendendole compatibili con quelle originarie, pur
permettendone l'identificazione.
I problemi maggiori erano rappresentati dai
notevoli distacchi degli strati di intonaco dal supporto murario e
dalla presenza di carbonatazioni sulla superficie affrescata :
tuttavia le parti più danneggiate in assoluto erano quelle già
staccate a suo tempo. L'intervento di restauro ha seguito due
direttrici principali: Il trattamento delle superfici dipinte e il
trattamento superficiale delle parti ricostruite nel 1960-61.
La riadesione delle superfici staccate è stata
ottenuta con l'impiego di emulsione acrilica (Primal AC33),
mentre per i distacchi più profondi e di maggiore ampiezza sono
state effettuate iniezioni di malta per fissaggio Ledan
La pulitura è stata preceduta dall'eliminazione dei
rifacimenti realizzati nel corso del precedente restauro ( a cura
di G. Marchetot negli ani '60, intervenuto in modo pesante sulla
stesura pittorica del '300 di alcune parti) con l'impiego di Vinavil,
impiegando una miscela di Acetone e H2O.
L'eliminazione dei veli carbonatiè stata eseguita con Preparato
AB 57, asportando poi le sostanze solubilizzate con impacchi di
acqua distillata. Le vecchie stuccature anni '60 e i residui di
scialbo sono stati asportati con l'utilizzo di apparecchiature
air-brasive, impiegando microsfere di vetro e con microscalpelli.
Per le parti da integrare sono state prima
stuccate con polvere di marmo, carbonato di calcio e Primal
AC33, le superfici a rinetro sono state realizzate con sabbie
silicie di vario colore e granulometria e polvere di marmo,
legante: emulsione acrilica.
Dalle superfici murarie, ripristinate nel
1960-'61, è stato eliminato lo strato superficiale e realizzato
un sottofondo a malta grezza, sono state completate poi con una
stesura di malta fine con sabbia e grassello di calce, stesa a
dorso di cazzuola.
Dalla relazione di Pietro Tranchina depositata
presso la Soprintendenza ai beni artistici e storici del Friuli
Venezia Giulia.
AFFRESCHI DEL PERIODO DI PAGANO DELLA TORRE
nel 1330 Pagano della Torre fa eseguire gli affreschi della zona
basamentale (strappati nel 1961, fissati nel 1963 sulla parete
nuova di sinistra), altri sulla parete di fondo, mentre altri
santi della stessa teoria sono andati perduti con l'apertura della
porta che conduce al coro, attuale acceso del museo. Alla scoperta
delle Storie di S. Nicolò di Vitale nel 1911, risultarono gli
affreschi del periodo di Pagano della Torre. Quelli di Vitale
vennero momentaneamente staccati, i sottostanti collocati sulla
parete sinistra divisoria delle cappelle, come attualmente si
vede.
In seguito al terremoto del 1348 tali
decorazioni andarono distrutte, la Confraternita dei fabbri
commissionò la realizzazione di altri affreschi a Vitale da
Bologna che stava lavorando nella cappella maggiore su incarico
del beato Bertrando.
ALBERO DELLA VITA , l'a. è
sia nella cultura orientale che occidentale un motivo
iconograficamente molto rappresentato e con riferimenti simbolici
diversi. In ambito mediorientale era associato al culto della
Madre-Terra, e i riti connessi dovevano favorire l'abbondanza dei
raccolti
Nel medioevo la Chiesa riconosceva nella croce
di Cristo l'a.della vita, poiché con il legno dell'albero della
conoscenza del paradiso si è costituita la croce di Cristo che
per il fedele è diventata l'a.della vita.
L'a. inaridito o i tronchi interrotti che però
presentano segni di inverdimento sono simbolo della Resurrezione.
ALBERO DELLA VITE per la
cultura cristiana è simbolo di Cristo e della fede cristiana,
poiché secondo il passo di Giovanni nelle Sacre Scritture, Gesù
avrebbe detto "Io sono la vera vite". L'uva nell'arte
sacra è simbolo del vino eucaristico e quindi del sangue di
Cristo.
AMITTO secondo la
documentazione liturgica antica veniva chiamato "angolaium",
"angolagium" derivato dal greco, e significante
mantelletto. Il termine "amictus" si trova per la prima
volta agli inizi del secolo IX. Fa parte della biancheria del
sacerdote, destinato a essere indossato dal celebrante per coprire
la zona del collo e delle spalle, in modo da proteggere i parati
più importanti dal contatto diretto con il corpo, inoltre nella
stagione invernale riparava dal freddo il celebrante. E'
costituito da tela di lino o di cotone, di forma rettangolare, con
due cordelle su due angoli, usate per il doppio allacciamento
intorno al torace, mantenendo più aderenti le vesti di sotto
rendeva più agili i movimenti delle braccia. L'unica decorazione
attualmente è rappresentata da un crocetta disposta sulla metà
del lato più lungo che viene baciata prima della vestizione.
Amitti con decorazioni di altre stoffe applicate, sono stati
rintracciati in riferimento ai secoli XIII e XIV. Nel corso dei
secoli sono stati assegnati diversi significati e simboli connessi
con il colore bianco, al modo in cui cinge il collo e viene
disposto sulla nuca.
ANELLO nel periodo gotico l'anello è un gioiello che
acquista sempre più larga diffusione, la varietà e il valore
degli anelli si riafferma in tale periodo, torna a essere un
oggetto di lusso portati sia da uomini che da donne.
AQUILA è il re degli
uccelli, come il leone è il re degli animali, vola verso il sole,
resistendo alla luce celeste, uccide i serpenti, può giungere da
posti altissimi, fin dall'antichità è simbolo della luce. Nelle
decorazioni di tutti i tipi di manufatti è tra i motivi più
rappresentati, è simbolo del potere e della vittoria pertanto
figura nell'araldica, è presente in stendardi di molte nazioni.
Nel medioevo alludeva all'ascensione di Cristo. Il simbolo
dell'aquila va considerato in rapporto con l'immagine tetramorfica:
i quattro animali delle visioni di Ezechiele e di San Giovanni
Battista che può pertanto rappresentare.
L'unione di parti dell'aquila e del leone dava
luogo all'immagine del grifone.
ARGENTO
- Filato: si ottiene avvolgendo la lamina di
argento su anima di seta, lino, o canapa.
- Membranaceo: o argimpello, si otteneva
tagliando a striscioline molto strette la pelle di budella di
animale dopo l'argentatura, generalmente fatta da una lamina
sottilissima ottenuta da un procedimento di battitura, coloro che
eseguivano tale operazione erano detti "Battiloro".
Tra il XIII e il XIV secolo veniva avvolto a
spirale su un'anima di seta, di lino o di canapa.
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C
CALZARI derivano da una
calzatura civile, distintiva di una classe in uso a Roma, in
seguito propriamente dei senatori romani. Si distinguono comunque
dai sandali che coprivano solo il piede ed esternamente al
calzare. I c. venivano indossati dal piede fino al ginocchio,
erano impiegati solo nelle messe pontificali e assoggettati al
canone dei colori. L'uso spettava al Papa, ai Vescovi, ai diaconi.
Simbolicamente rappresentano la disponibilità del Vescovo a
recarsi in ogni luogo per annunziare il Vangelo, come fu per gli
Apostoli.
CAMICE, è l'indumento di
lino bianco , lungo fino ai piedi, con maniche semiaderenti, che i
sacerdoti usano stringendolo ai fianchi con il cingolo, su di esso
viene indossato il paramento prescritto per la cerimonia
religiosa. Come tutti gli indumenti liturgici anche il c. trae
origine dall'abbigliamento profano, in particolare da camisia quale
indumento in uso nel III secolo dell'impero. Relativamente alla
materia con cui veniva realizzato, il lino, è stato chiamato linea,
in coincidenza con la foggia a tunica, tunica linea, e per
la lunghezza talaris. Il c. medievale subisce mutamenti
evidenti nell'ornamentazione, diversamente da quelli dei periodi
precedenti che interessavano la foggia. Sono testimoniate diversi
tipi di guarnizioni (galloni, riquadri di tessuti, ricami sia in
seta che metalli preziosi…) comunque staccabili in modo da
permettere il lavaggio del c. Nel secolo XVII si è andato
affermando l'uso dei pizzi impiegati intorno a tutto l'orlo, in
relazione al largo impiego di questo genere di manufatti nella
moda in generale. Simbolicamente
il c. per i liturgisti significa purezza, intesa come purezza dal
peccato, e più ancora castità, a ciò si collega il materiale e
il colore.
CARDO in ambito
occidentale cristiano il cardo simboleggia la passione di Cristo e
dei Martiri, infatti le immagini dei Martiri si trovano spesso
incorniciate da tralci di cardi. Il cardo mariano pezzato di
bianco significava il latte materno di Maria, inteso perciò come
un medicinale.
Quando il cardo viene tagliato non perde la sua
forma, per questo nella cultura cinese simboleggia la tenacità,
la lunga vita.
CARLO
IV di LUSSEMBURGO era il fratellastro di Nicolò di
Lussemburgo, patriarca successore del beato Bertrando, dal 1350 al
1358. L'imperatore era molto noto in Friuli già al tempo del
beato Bertrando al quale nel 1347 riconobbe la Signoria del
Cadore. Nicolò durante il suo governo promosse gli interessi di
Carlo IV e quindi in qualche modo tutelò anche i duchi d'Austria.
Il Sigillo della tomba di Nicolò è conservato nella Cappella del
Corporis Christi .
CERVO nelle culture
antiche le sue corna vengono interpretate come simbolo dei raggi
del Sole. Nel medioevo cristiano il cervo o i cervi affrontati,
sono rappresentati che piluccano dell'uva o davanti un albero
della vite, come simbolo dell'uomo che già sulla terra può
partecipare ai beni divini.
Il cervo davanti a sorgenti d'acqua, fonti ecc.
ha altri significati.
CLAVI dal latino clavus,
striscia; banda ornamentale verticale realizzata a telaio con
decoro geometrico e vegetale, nelle vesti medievali risulta cucita
sopra il tessuto.
C. SOMEDA de MARCO, Il
duomo di Udine, 1970, p. 117 nota 9, riferendosi agli Annales
Civitates Utini della Biblioteca Civica di Udine.
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D
DALMATICA e TUNICELLA attualmente sono le vesti
impiegate rispettivamente dal diacono e dal suddiacono e indossate
sopra altri indumenti durante le messe solenni e nelle processioni
e sono costituite dello stesso tessuto della pianeta o del piviale
dell'officiante. Con il cerimoniale romano si distinguevano nel
tipo di maniche: più strette e lunghe nella T., in entrambe le
vesti erano lunghe fino al polso, dal XVI secolo accorciate
all'omero. Altre caratteristiche sono la forma trapezoidale nel
tronco, con apertura laterale, e lo scollo leggermente ovale con
bottoni e nastri. Gli ornamenti sono inoltre rappresentati per la
D. in guarnizioni intorno all'orlo delle maniche e i galloni, o
ricami che si richiamano ai galloni, detti clavi disposti
in verticale sulla parte anteriore e posteriore, che possono
creare un'area quadrangolare nella zona centrale anteriore, oppure
fungere da perimetro a un pannello decorativo di altro tessuto.
L'origine di questo indumento è profana, si
ritiene venisse usato a Roma al tempo degli Antonini, nel II
secolo, sia dagli uomini che dalle donne, ed era lunga fino ai
piedi con maniche lunghe e larghe al polso. Il suo nome deriva dal
latino dalmaticus, cioè della Dalmazia, luogo in cui era
usata una tunica similare, introdotta dai Bizantini. Nel corso
della storia si sono distinti fogge, tessuti e ornamenti sia della
D che della T. , va ricordato che la D fu di colore bianco fino al
volgere del primo millennio, successivamente divennero anche di
colore, con il formarsi del canone dei colori nel XII secolo si
sono diffuse più ampiamente.
DIAGONALE dal latino diagonalis, greco diagonios-diagonale
ad angolo, armatura derivata dal tela, che può definire da sé un
disegno a zig-zag, spina di pesce, piccoli rombi.
DIASPRO
dal latino medievale diasprum, deriva dal greco diàspros bianchissimo,
inteso come rafforzativo data la monocromia tra disegno e fondo,
ma poteva indicare anche il tipo di decoro rappresentato da
animali e uccelli disposti su teorie. Come genere di stoffa è
attestata soprattutto con il XIII secolo, con il XVI secolo non è
più documentato. Può dirsi dunque un tessuto medievale, i cui
esemplari più rinomati erano quelli lucchesi.
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E
ELISABETTA
d'UNGHERIA ,
SANTA, nata nel 1207, figlia di Andrea II re di Ungheria e poi
moglie di Ludovico di Turingia, a cui era stata promessa sposa
già all'età di quattro anni, ne restò vedova e con tre figli, a
cui si dedicò abbracciato il terzo ordine francescano,
consacrandosi al servizio dei poveri, concluse la sua vita a
Marburg nel 1231 a soli ventiquattro anni.
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F
FANONI o fasciae,
vittae, penduli, infulae, sono le due striscie di tessuto che
partono dalla base circolare della mitra (parte posteriore), sono
ornati da frange all'estremità pendente. Non sempre venivano
prescritti.
FERMAGLIO nella prima
metà del secolo XIV è uno degli ornamenti preziosi più
importanti. Può essere usato a scopo decorativo oppure
semplicemente funzionale.
FIOR di LOTO Questo
fiore diffuso nei paesi del bacino del Mediterraneo e dell'Asia ha
lo stesso significato che la rosa e il giglio hanno in area
Europea. A seconda delle aree assume diverse simbologie. I suoi
aspetti principali derivano dalla sua particolarità di
distendersi sulla superficie delle acque stagnanti, uscendo da
esse non ne viene macchiato perciò gli viene attribuito il
simbolo di purezza. Il loto tradizionale ha otto petali, è come
lo spazio che ha otto direzioni, viene inteso come simbolo
dell'armonia cosmica.
Il frammento (111 x 32) di tela di lino bianco è di
forma irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta
una decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe,
paralleli realizzati nei punti catenella, un punto che non figura
nel lenzuolo, motivi delimitati da un doppio motivo a croci
greche, come quello rilevato nel lenzuolo.
Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa
ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente
ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo
simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro
similare. Per la datazione del frammento si è fatto riferimento
proprio a queste ultime caratteristiche.
Va tenuto conto che i sarcofaghi erano
ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i
tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di
un altro "lenzuolo", con dimensioni notevoli, in seguito
rovinato. Restauro Stato di conservazione: è un
frammento, completo di orlo solo su uno dei lati corti, gli altri
sono sfrangiati, una piccola sezione è quasi staccata da una
lacerazione, ci sono piccole lacune, il tessuto è sporco e
macchiato. Trattamento: pulitura e consolidamento sono stati
condotti in modo analogo al telo funebre.
Il frammento di tela di lino bianco è di forma
irregolare, con un orlo solo su uno dei lati corti. Presenta una
decorazione incompleta a ricamo, con due motivi a losanghe,
paralleli realizzati nei punti catenella, delimitati da un doppio
motivo a croci greche, come quello rilevato nel lenzuolo (v.).
Il tipo di decorazione, se pur parziale, fa
ritenere che le dimensioni della pezza fossero originariamente
ampie, si suppone che forse si tratta della rimanenza di un telo
simile a quello del lenzuolo, a cui fa riscontro un decoro
similare. Per la datazione del frammento siè fatto riferimento
proprio a queste ultime caratteristiche.
Va tenuto conto che i sarcofaghi erano
ricoperti da più di un telo di lino a cui poi si sovrapponevano i
tessuti più preziosi. Pertanto non va escluso che si trattasse di
un altro "lenzuolo", con dimensioni notevoli, in seguito
rovinato.
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G
GRIFO, GRIFONE
nell'iconografia può essere di due varietà: l'uccello-grifone in
cui è mescolato il corpo leonino e la testa da uccello, con o
senza ali, zampe anteriori di rapace e quelle posteriore di leone;
oppure il grifone-leone che ha il corpo leonino, con o senza ali,
le zampe anteriori di leone e le posteriori di uccello, la testa
di leone e la coda di uccello.
E' stato adottato in tutti gli universi
mitologici rappresentando il tramite tra il mondo terreno e
l'ultraterreno, pere la simbologia cristiana nel g. si vedono
pertanto le due nature di Cristo quella divina e quella umana.
Quando sono affrontati a un albero, a un'anfora, a una fonte, a
una pigna, (tutti simboli della vita), vanno interpretati come
guardiani, perché dotati dei sensi acuti dell'aquila e della
forza del leone.
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I
ICONOGRAFIA CUSCINO
Riscontrato che nelle due parti del cuscino la figura del volatile
si differenzia nelle caratteristiche e in certi motivi, è
possibile interpretare diversamente l'iconografia.
Invece del pavone, potrebbe trattarsi della
fenice, in considerazione alla diversa resa del soggetto, presenta
inoltre elementi che lo giustificherebbero.
La fenice, simbolo della luce e
dell'immortalità, era nel Medioevo abitualmente connessa alla
crocifissione e figurava come attributo della personificazione
della castità.
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L
LAMPASSO dal francese lampasse termine in uso tra
'700-'880 che indicava tessuti operati per tappezzeria. E'
propriamente un tessuto operato diffuso dal X secolo, costituito
da almeno due orditi, uno di fondo che con la trama di fondo crea
l'armatura di fondo (tela, diagonale…) e uno di legatura
necessario a fermare le trame supplementari lanciate impiegate per
la realizzazione del disegno, insieme anche a altre trame
supplementari (broccate, spolinate).
LUCCA città
toscana a cui in quel periodo stando alle testimonianze vengono
assegnate proprio la produzione dei diaspri con gli elementi
decorativi presenti in quello del duomo di Udine: teste degli
animali, rotelle sulle ali, zampe… rilevati in oro o argento sul
fondo bianco.
LUDOVICO
DI BAVIERA Si può dire che
con la sua azione il Bertrando abbia evitato due volte la calata
di Ludovico in Italia. Si può per tanto concludere che anche
l'Italia sia debitrice al beato poiché è stata salvata da una
possibile "calamitosa incursione".
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M
MANIPOLO è una delle "insegne liturgiche", ora
non più usate dal sacerdote durante le celebrazioni. Consiste in
una striscia di stoffa con le parti terminali di forma
trapezoidale, che viene fissata sull'avambraccio sinistro,
generalmente per mezzo di fettucce, è prescritto che sia della
stessa stoffa della pianeta o almeno del colore di questa. Sono
previste rifiniture con frange, campanelli. L'origine del m. è
romana, derivato dalla mappula, una specie di fazzoletto di
tessuto leggero, la cui funzione era eminentemente decorativa.
Molte le interpretazioni simboliche che si sono
succedute nel corso dei secoli, prevalentemente legate ai
significati di purezza, di virtù e dell'impegno di fedeltà a Dio
preso dal sacerdote.
MASOLINA il nome deriva da
Biagio Masolini, dottore di Udine, vedovo, fratello di Giovanni,
sacerdote morto circa nel 1728, si era fatto anch'egli sacerdote
divenendo canonico nel 1731. Aveva avuto la concessione di
costruire la cappella e di collocarvi anche la sua tomba nel 1729,
realizzandovi l'altare nel 1730, collocato sulla parete destra
della cappella di S. Nicolò, perché fosse usato dai sacerdoti
infermi e convalescenti, così che potessero celebrare in ritiro.
Nel 1953 l'altare, in marmo, opera di Antonio Gratij, fu venduto
alla chiesa di Tribil di Sopra. Prima della vendita ospitava la
pala di Giovanni Battista Tiepolo raffigurante la Crocifissione
e Santi, attualmente conservata nel coro jemale del duomo.
MELAGRANA è il frutto che
in molte culture ha il significato di eternità e resurrezione. I
semi racchiusi in una polpa succosa alludevano alla fecondità,
mentre l'intero frutto era simbolo di dee fenicie e greche. In
epoca cristiana la sua simbologia venne spiritualizzata. Il rosso
succo della melagrana era simbolo del sangue dei martiri, i semi
simbolo degli uomini riuniti nella comunità ecclesiale. Quando la
m. è aperta simboleggia la carità cristiana.
MITRA copricapo che di
diritto compete solo al Papa, ai Cardinali e ai Vescovi.
La mitra semplice si adoperava al Venerdì
Santo, nell'uffizio dei defunti, nella Messe solenne de Requie,
nell' assoluzione al catafalco.
Poiché copre il capo viene interpretata
simbolicamente come custode dei sensi, e inoltre perché
anticamente di lino bianco era anche simbolo di purezza.
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N
NICOLO'
DI LUSSEMBURGO, quale successore del Bertrando, si può
considerare il suo vendicatore dopo la sanguinosa morte di questi.
Nel 1351 dopo aver ritessuto i rapporti con molti dei feudatari
locali, intraprende un'opera di repressione nei confronti degli
uccisori del Bertrando, catturandone gli artefici e
giustiziandoli. Nel 1353, terzo anniversario della morte del
Bertrando, fece eseguire la traslazione della salma del Beato
nell'arca marmorea che lo stesso predecessore aveva voluto per
deporvi le reliquie dei SS, Ermacora e Fortunato. Governò il
patriarcato no senza difficoltà e fu inflessibile ed energico, ai
suoi successori lasciò comunque in eredità una politica estera
piuttosto compromessa. Il Sigillo della tomba di Nicolò è
conservato nella Cappella del Corpo di Cristo.
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P
PAPA
BENEDETTO XIV (1740-58) e PAPA CLEMENTE XIII
Va
ricordato che entrambi i pontefici prendono tale decisione in
pieno clima di difesa dei diritti tradizionali della Chiesa,
quando tutta l'Europa è interessata dalle riforme illuministiche.
PAPAGALLO nel bestiario
medievale il p. viene raffigurato nelle immagini del paradiso come
un animale tranquillo ma allo stesso tempo ribelle, ossia con una
personalità determinata. Ciò in relazione alla leggenda che
essendo un uccello parlante avesse imparato a dire il nome di Eva,
che all'incontrario è Ave, ovvero il saluto rivolto
dall'arcangelo Gabriele nell'Annunciazione alla Vergine Maria, che
pertanto capovolta è l'immagine pura di quella peccatrice di Eva.
Il p. rappresenta così simbolicamente il lato positivo della
salvazione del mondo e quello negativo del peccato originale.
PATRIARCA
I patriarchi aquileiesi rivestono un
ruolo che richiede requisiti di vario genere per gestire e guidare
lo stato e la Chiesa locale (diocesi molto vasta). Viene richiesta
nobiltà della nascita, educazione alla reggenza, ricchezza e
conoscenze personali necessari per governare uno stato feudale
garantendo il proprio prestigio sociale. Altre qualità di cui
deve essere dotato il p. sono quelle militari e diplomatiche utili
per il governo temporale, inoltre una cultura giuridica necessaria
per il governo spirituale. In Bertrando si rintracciano tutte
queste doti e quindi va ritenuto che la sua elezione a patriarca
è consona più di altre, precedenti e successive, alle richieste
dettate dalla situazione aquileiese.
PAVONE , è un uccello
originario dell'India, se ne apprezza la singolare bellezza in
molte culture sia orientali che occidentali. Gli antichi
ritenevano che la sua carne fosse incorruttibile, perciò per
l'arte sacra era considerato simbolo di immortalità e della
Resurrezione di Cristo.
Due pavoni che si abbeverano a un calice
alludono alla rinascita spirituale.
Talora il pavone viene associato all'attributo
di superbia, quale interpretazione negativa, poiché prova piacere
a guardarsi e a esibire le piume variopinte.
PIANETA si tratta di uno
scapolare a due lembi aperto lateralmente. La sua origine trova
riscontro nell'abbigliamento civile romano e precisamente nella paenula,
successivamente impiegata come veste liturgica. Nel corso dei
secoli ha subito diversi mutamenti nella foggia, con il XV secolo
acquista gradualmente l'attuale forma. Lo stesso può dirsi degli
ornamenti, che prima consistevano in una fascia verticale
posteriore decorata con ricami (crux bifida o trifida) che
si divideva dallo scollo proseguendo sulla parte anteriore. Nel
XIII secolo si afferma la croce con i bracci orizzontali, che
diviene più comune con il secolo XV. L'ornamentazione prevalente
in Italia dal XVII secolo sono i galloni che disposti in verticale
e orizzontale (parte anteriore), richiamano i perimetri della
croce.
PROVENIENZA CINESE La
prima indagine storico critica dei tessuti: D.DAVANZO POLI, Tessuti
antichi, in G.MORANDINI-D:ZANELLA, Tessuti e tessitura, Udine,
1986, p. 39.
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R
RICAMATORI Tra medioevo e
rinascimento i ricami più pregiati sono opere di ricamatori
professionisti, che operavano all'interno di una bottega che si
può considerare una vera e propria fucina artistica, con
apprendisti e lavoranti, e in cui l'arte del ricamo veniva
trasmessa da padre in figlio. La particolare bellezza dei ricami
era legata al modello di ricamo che spesso, in base anche alle
testimonianze pervenute (documenti, cartoni, disegni e schizzi
autentici), erano opera di pittori anche famosi. In base al
modello i r. eseguivano il ricamo in stretta collaborazione con
gli artisti. I committenti di queste preziose opere erano parroci,
vescovi, il papato, i nobili, i ricchi borghesi, o le corporazioni
di arti e mestieri che vedevano nel ricamo ecclesiastico la
dimostrazione della loro devozione alla Chiesa in particolari
occasioni.
Riferimenti bibliografici essenziali
M. SCHUETTE - M.MULLER-
CHRISTENSEN, Il
ricamo nella storia e nell'arte, Roma, 1963
D.DAVANZO POLI-C.PAGGI
COLUSSI, Pizzi e
ricami, "I nuovi quaderni dell'antiquariato",
Milano, 1981
RICAMO in APPLICAZIONE è
un ricamo realizzato con parti di tessuto ritagliate, poi
applicate coprendo un disegno eseguito prima, con punti raso,
pieno, i bordi possono essere rifiniti con cordoncino dorato o
d'argento fissato con punto steso. Danno luogo a disegni anche di
grande dimensione, al di sotto possono essere imbottiti per
ottenere rilievo, creando similitudini per esempio con i coevi
lavori in or nué, in maniera più economica sia sotto
l'aspetto materico che per il tempo di esecuzione.
E' una tipologia utilizzata già con il
Medioevo, diffusa in Italia con il XVI secolo, si afferma più
largamente con il secolo XVII, di cui rimangono molti esemplari.
ROSA A OTTO PETALI, otto
significa vita futura. Il valore simbolico della rosa è
antichissimo. Per la simbologia cristiana la rosa rossa era
simbolo del sangue versato da Gesù crocifisso. Iconograficamente,
in ambito ecclesiastico, la rosa essendo la regina dei fiori,
divenne il simbolo di Maria Vergine.
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S
SCIAMITO Dal
latino medioevale sciammitum, examitum, samita' (tessuto di
seta), a sua volta dal tardo greco 'hexamitos' (héx= sei, mitos
= filo, tessuto a sei fili), lo sciàmito si incontra in
documenti veneziani come sàmis. Tecnicamente è composto
da due orditi, uno di fondo e uno di legatura e di un minimo di
due trame, che vengono legate in diagonale.
L'area mediorientale è quella più accreditata
dalla critica come origine di questa tipologia.
STATUTO DELL'ARTE DEI SAMITERI Nello Statuto dell'Arte
dei Samiteri il "Capitulare Samiteriorum",
conservato nell'Archivio di Stato di Venezia, Sala Margherita, che
è un manoscritto frutto di riforma di un testo più antico,
vengono tramandati i provvedimenti relativi all'Arte sia per la
vita corporativa che per le tecniche e le tipologie dei tessuti.
Tra queste si ricorda, quale esempio, che veniva fissato il numero
complessivo dei fili d'ordito, l'altezza pertanto della stoffa,
eventuale riferimento bibliografico D.DAVANZO POLI - S. MORONATO, Le
stoffe dei veneziani, Venezia, Albrizzi Editori, 1994.
Si rimanda inoltre a D. DEVOTI, L'arte del
tessuto in Europa, Milano, 1974, 1993 (II ed); P. PERI, Due
tessuti a confronto:…in L DOLCINI a cura di, La casula di San
Marco papa, Firenze, 1992, pp.73-85; A. VITALI, La moda a
Venezia attraverso i secoli, Venezia, 1992.
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T
TAFFETAS, TELA è la più
semplice delle armature (sistema di intreccio dei fili d'ordito
con quelli di trama), da essa derivano tutte le altre, per
realizzarla si sollevano tutti i fili di ordito dispari al
passaggio delle trame dispari, e tutti quelli pari al passaggio
delle trame pari. Si definisce come taffetas quando viene
realizzato con seta, se si impiegano lana, lino o cotone assume il
nome di tela.
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V
VELLUTO Velluto dal latino
"vellus"=vello, si attesta l'uso della parola dagli
inizi del XIV secolo e si può considerare come l'unico tessuto di
origine occidentale fra quelli antichi. Con V. si intende un
tessuto che può essere di seta o di altra fibra, caratterizzato
da una superficie pelosa, ottenuta dai ciuffi delle fibre
tagliate, che può essere di più altezze e fittezza. Da ciò
prendono avvio più tipologie di velluti.
Il v. tagliato unito è
composto da un ordito di fondo che con le trame di fondo forma
l'armatura di fondo, da un ordito di pelo che realizza la
superficie a ciuffi, prodotti dal taglio dei fili di pelo, questi
vengono tagliati dopo il passaggio del ferro con scanalatura. Ogni
riga di ciuffi è intervallata dal passaggio delle trame di fondo
con l'ordito di fondo. V. alto basso, controtagliato,
è prodotto come il v. tagliato unito, solo che vi è l'inserzione
di ferri di diversa altezza e tipo, che creano differenti altezze
e zone in un unico tessuto. V.
broccato quando il v.
presenta parti ricoperte da trame broccate, solitamente d'oro o
d'argento. La lavorazione è molto elaborata, poiché
l'inserimento di tali trame avviene al rovescio, mentre il v. è
realizzato al diritto.
VELO DA CALICE è un panno
di forma quadrata con lato non superiore ai 68 cm, con cui si
coprono calice e patena fino all'offertorio, in seguito per la
comunione. In ambito medievale era una specie di velo. I v.
impiegati dal XVI secolo dovevano essere di tessuto consistente e
con decorazioni, rifiniti da merletti o galloni dorati lungo i
lati, e con al centro una croce ricamata o applicata.
VENZONE
Nei progetti di B. la conquista di
Venzone nel 1336 permette un controllo sulla via di transito delle
merci con l'Austria. Per anni Venzone assoggetandosi ai goriziani
e dunque all'Austria e ai duchi di Carinzia, si ribellava ad
Aquileia che rischiava di perderla. B. coi suoi disegni privilegia
Venzione per il passaggio delle merci, e per le compravendite
delle stesse con Gemona, acconsente che venga fatto un mercato
settimanale. La città accetta conservando le mura e le
fortificazioni. Il patriarca evita per tutto il suo governo che i
duchi d'Austria abbiano potere nella Chiusa e a Venzone, e sono
assoggettati con tutti i loro sudditi al pagamento della muta per
molto tempo. Gli avvenimenti in
questa circostanza sono l'assedio di Venzone da parte del
Patriarca con il suo esercito, che intima la resa. I venzonesi
chiedono nel frattempo aiuto alla contessa di Gorizia entro un
mese, Bertrando attende accettando il patto, ma il 27 i Venzonesi
capitolano e i Goriziani sono fatti prigionieri con loro. Venzone
apre le porte al patriarca, conserva quanto pattuito. Bertrando
consacra il duomo di Venzone il 2 agosto 1338 con Pietro
arcivescovo di Nazareth e altri otto vescovi, tutt'oggi la città
propone la rievocazione di tale avvenimento in quella data.
1348
Il terremoto del 1348 che colpisce la
città di Udine e molte zone del Friuli, Venezia e la Carinzia
sconvolge il Patriarcato per i numerosi morti e le distruzioni,
nello stesso anno sopraggiunge anche la terribile pestilenza che
sta sconvolgendo il resto d'Europa.
Questo
stato di cose non interrompe il corso degli avvenimenti che vede
sempre in lotta il Patriarca con i conti di Gorizia.
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